Orgosolo è un paese immerso nel cuore verde della Barbagia, nel tempo, diventato molto conosciuto per vari motivi: la battaglia di Pratobello, la storia della Beata Mesina, il banditismo, i cavalli qui allevati ma, soprattutto, Orgosolo è conosciuto per le mura delle molte case su cui, fin dagli anni ’60, sono stati disegnati magnifici murales.

Adoro questo paese, ogni volta che ho la fortuna di recarmi in questo piccolo ma meraviglioso angolo di Sardegna, ho sempre cose nuove da fotografare. Signore in abito sardo mentre escono dalla chiesa dopo aver recitato il rosario ed assistito alla Santa Messa, ragazzi a torso nudo che, al tramonto,  cavalcano a pelo i loro magnifici destrieri, anziani radunati di fronte al bar del paese incuriositi dal mio girovagare su e giù per il piccolo corso.

L’abito di Orgosolo

Orgosolo  è conosciuta anche per il suo bellissimo abito tradizionale, forse uno dei più belli ed elaborati dell’isola. In Sardegna, ogni paese, ha un abito tradizionale che un tempo era utilizzato dalle donne prima come abito comune, poi in occasione di feste e matrimoni per poi essere sostituito dalle gonne plissettate, da camice a maniche lunghe e dai tipici fazzoletti che, posizionati in testa, stabilivano il loro stato civile: bianco giovane ragazza in età da marito, marrone o blu donna coniugata o non maritata, nero vedova.

Orgosolo ed il suo abito tradizionale

Le donne di Orgosolo conservano con fierezza la tradizione di indossare l’abito che, molte volte, è appartenuto alle loro bis se non tris nonne. Lo indossano durante le processioni o le feste religiose. Sono spesso invitate, con gli uomini ed i bambini rigorosamente tutti vestiti con l’abito tradizionale, a partecipare alle maggiori sfilate o ricorrenze dell’isola come ad esempio il Redentore a Nuoro o la bellissima processione di Sant’Efisio che si svolge a Cagliari il primo maggio di ogni anno. 

 

Orgosolo ed il suo abito tradizonale

La vestizione di Anania

Quest’anno ho avuto la fortuna di poter partecipare “attivamente” alla preparazione della processione per San Paolo Apostolo. Ho conosciuto una giovane donna che mi ha permesso di entrare in casa sua per fotografare la nipote Anania mentre indossava l’abito.

Al mio arrivo, nel primo pomeriggio, quando Orgosolo era ancora immerso nel silenzio del meriggio, sono entrata in casa di Zia Rita, una signora che 50 anni fa ha partecipato alla rivolta di Pratobello. Nella sua stanza, avvolta nella penombra, vestita di nero, stava cucendo gli ultimi ritocchi sull’abito che, da li a poco, la nipote avrebbe messo.

Anania è una giovane mamma di trenta anni, per la prima volta, quest’anno, ha indossato l’abito un giorno appartenuto alla bisnonna. Un oggetto prezioso, conservato con amore e rispetto, che nonostante il tempo passato, mostra l’aspetto ed i colori di un vestito appena cucito.

Orgosolo ed il suo abito tradizionale

La sottogonna e due gonne d’orbace sovrapposte, “Sa Hitto” e “Sa Veste”, sono le prime cose di cui Anania si è abbigliata. Zia Tora e nonna Rita l’hanno aiutata a posizionare correttamente le gonne, dopo aver messo la camicia e “Su Zippone” (giubbotto) Anania ha indossato la bellissima e colorata “S’Antalena” (grembiule). I gioielli, conservati fin dal battesimo, e Su Lionzu hanno completato la vestizione di Anania.

Su Lionzu

Su Lionzu è il fazzoletto che le orgolesi posano sulla loro testa per completare il loro abito tradizionale. Ho utilizzato il verbo posare non a caso perché, assistere a tale consuetudine, mi ha permesso di capire quanto debba essere precisa tale procedura.

I capelli di Anania sono stati raccolti in due lunghe trecce adagiatele sulla parte centrale della testa. Dopo averle fermate con molte forcine le è stata messa “Sa Caretta”, una cuffia colorata che permette al Lionzu di stare “rialzato” il fazzoletto di seta gialla, le è stato poi avvolto delicatamente attorno al volto con gesti precisi, tramandati di generazione in generazione.

Orgosolo ed il suo abito tradizionale

L’abito di Orgosolo non sarebbe completo senza questo meraviglioso accessorio. Su Lionzu, come (del resto) tutto il vestito, ha un notevole costo perché tutt’oggi realizzato a mano da un’artigiana orgolese: Maria Corda. Fatto in pura seta, poi tinto a mano dalla Signora Corda, la quale, nel suo laboratorio, alleva i piccoli bachi ne lavora e ne tinge il prezioso filato secondo tradizione. Il suo negozio si trova in una delle tante piccole strade del paese barabricino. Vederla lavorare o osservare un pò della sua maestria è veramente un’esperienza unica.

Prima della processione, dopo aver vestito la nipote Anania con l’aiuto di Zia Bertina che ha posato Su Lionzu, io la signora Rita, Tora e parte della loro numerosa famiglia, abbiamo trascorso un pò di tempo a parlare delle loro tradizioni, della loro vita, della mia vita. Ci siamo ritrovati tutti, nel loro salotto, un luogo ricco di ricordi e di foto d’altri tempi appese, parlando di noi come se ci conoscessimo da chissà quanti anni. Questa è la Sardegna che amo, questa è la vera Sardegna.